STALKING – Si può morire di troppo amore?

Quando l’amore diventa ossessione: lo Stalking.

Di: D.ssa Catia Ferrieri

Si può morire di troppo amore?
Di quell’amore che diventa ossessione, malattia, di quell’amore che non ha nulla a che vedere con un sentimento che dovrebbe far diventare due in uno, spesso si può morire e nella maggior parte dei casi a morire sono le donne.
Troppo poco si è fatto e si sta facendo per cercare di limitare se non eliminare totalmente lo stillicidio che giornalmente si perpetra nei confronti delle donne che, paradossalmente, pur avendo ottenuto una parità di fatto anche se non di diritto, emancipandosi e occupando ruoli di spicco all’interno del mondo del lavoro, si ritrovano ad essere indifese e prive di ogni tutela nel luogo dove, si presume, dovrebbero essere maggiormente protette: la casa.
Qui non si sta parlando esclusivamente della violenza domestica che colpisce sia fisicamente che psicologicamente la donna ma di una violenza che ancora nel nostro ordinamento giuridico non è nemmeno considerata tale e solo da poco si è avuta una tutela giuridica sufficiente: lo stalking.
Premettiamo che non esiste una definizione giuridica di stalking: la parola inglese “to stalk” indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola e ingenerando in lei stati di ansia e paura; le molestie vengono effettuate nella maggior parte dei casi non da persone sconosciute ma da coloro che hanno gravitato nella vita e nella sfera familiare della persona molestata principalmente si tratta di ex mariti, ex fidanzati che non si rassegnano alla rottura della relazione e cercano, mediante questi atteggiamenti, di ritornare ad avere un contatto seppur temporaneo con la vittima.
Attraverso molestie continue e assillanti, con scritti, sms, e-mail, lettere, biglietti, non richiesti oppure attraverso telefonate oscene, pedinamenti o atti vandalici lo stalker si insinua nella vita della vittima gradualmente, ingenerando in lei timore e paura; la violenza psicologica porta ad un peggioramento dello stile di vita e soprattutto nella convinzione che una reazione avversa nei confronti delle minacce potrebbe comportare come conseguenza un irreparabile danno nei confronti sia della vittima che nei confronti di persone a lei care molto spesso si evita di denunciare tali comportamenti molesti.
A differenza di America e Inghilterra dove questi atteggiamenti vengono puniti in modo esemplare, in Italia solo da poco tempo si è giunti all’emanazione di una norma che punisca in modo specifico questo comportamento, lasciando alle spalle una tutela vecchia e insufficiente quale quella apprestata dall’unione di due reati: quello di violenza privata e minaccia.
In effetti i comportamenti puniti dagli articoli che venivano presi come fonte di tutela potrebbero essere esaustivi per affrontare i problemi legati ad un fenomeno invasivo come questo ma allora non si capisce come mai, se il mezzo repressivo approntato dal legislatore sembrerebbe essere così adeguato, tanti episodi di questo tipo non vengono in alcun modo denunciati, come mai l’88% degli omicidi di donne il più delle volte si scopre essere stato preceduto da episodi di questo tipo che erano stati sottovalutati. Di certo il problema di fondo è stato sempre quello della inadeguatezze del mezzo se paragonato al problema da affrontare: il delitto di violenza privata come quello di minaccia prende in considerazione un soggetto indefinito un “chiunque” un fantomatico molestatore non “il” molestatore, che non sceglie a caso la propria vittima; obiettivo dello stalker è colei che ritiene essere il centro della sua vita affettiva, su cui ha convogliato il suo amore e le sue attenzioni e nei confronti della quale ha già precedentemente manifestato atteggiamenti violenti e possessivi.
Si è da poco approvata la legge che punisce in maniera puntuale gli atteggiamenti reiteratamente ossessivi e, pur non essendo ancora sufficiente, comunque qualcosa inizia a muoversi.
Nel discorso alla Camera, durante i lavori preparatori, il Ministro delle Pari Opportunità ha sottolineato come non solo la presente legislazione “non è in grado di assicurare una pregnante tutela sia da un punto di vista cautelare che sanzionatorio” ma soprattutto che nella maggior parte dei casi gli omicidi e gli atti di violenza che coinvolgono donne sono spesso preceduti da comportamenti insistenti e ossessivi.
Nelle legislazioni extra europee si attuano azioni di contrasto maggiormente efficaci sottolineando ampiamente la condotta criminosa che mira alla totale prostrazione psicologica della vittima e solo ora, nel nostro paese, mediante l’approvazione del decreto legge 11/2009 si è avuto un fattivo passo avanti verso la tutela delle donne vittime di atti persecutori.
La pena per coloro che pongono in essere tali comportamenti molestatori oscillerà da 6 mesi a quattro anni aumentata se il soggetto è la persona separata, divorziata o legata alla vittima da una relazione affettiva; la procedibilità è a querela di parte, ossia la vittima deve denunciare il suo aggressore, ma si può procedere d’ufficio in alcuni casi specifici:
a. quando il molestatore è la persona divorziata, separata o legata alla persona da un relazione affettiva;
b. quando vittima è un minore di età;
c. o nei casi stabiliti dall’art. 339 del codice penale, nel caso in cui si manifesti con le circostanze aggravanti il delitto di minaccia ossia siano fatte con uso di armi, avvalendosi della forza o da più persone riunite.L’ergastolo per i delitti che sono preceduti da atti persecutori, l’ammonimento del questore e il divieto di avvicinamento del molestatore ai luoghi frequentati dalla vittima fanno da corollario a questo decreto legge che si pone essere come una novità pregante contro questo reato molto spesso sottovalutato.
Quello che si sta facendo è poco rispetto alla quantità di donne che non denuncia per paura le molestie di cui è vittima ed è impostante, accanto a misure di natura repressiva, avere sostegno di carattere psicologico affinchè molte più donne riescano a liberarsi dalla paura e denuncino i loro molestatori.
Perché di amore non si può morire.
D.ssa Ferrieri Catia