“L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza

 

E’ la storia di  Modesta. Un personaggio femminile così potente da rappresentare, con il suo nome, un ossimoro. Un libro avvincente in cui le donne potranno scoprire ancora qualcosa di sé e gli uomini “il femminile” che a loro è ancora sconosciuto. La storia di una donna siciliana affascinante, un’avventurosa saga familiare che da quella donna prende vita e un affresco di un’epoca, dai primi del ‘900 al secondo dopo guerra. Fin dalle prime pagine si viene “inghiottiti” da quelle che seguono, si viene presi per mano a camminare su spiagge assolate o nei corridoi di ville aristocratiche, si rimane chiusi con Modesta nelle sue stanze o nei suoi pensieri, e le si perdona tutto. Ma proprio tutto. E si desidera un grammo della sua tenacia, della sua intelligenza e della forza del suo sguardo.

 

L’ARTE DELLA GIOIA, GOLIARDA SAPIENZA EINAUDI ed.

 Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché, ma lo devo fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com’è: non mi va di fare supposizioni o d’ inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente.

Dunque, trascinavo quel pezzo di legno; e dopo averlo nascosto o abbandonato, entrai nel buco grande della parete, chiuso solo da un velo nero pieno di mosche. Mi trovo ora nel buio della stanza dove si dormiva, si mangiava pane e olive, pane e cipolla. Si cucinava solo la domenica. Mia madre con gli occhi dilatati dal silenzio cuce in un cantone. Non parla mai, mia madre. O urla, o tace. I capelli di velo nero pesante sono pieni di mosche. Mia sorella seduta in terra la fissa da due fessure buie seppellite nel grasso. Tutta la vita, almeno quanto durò la loro vita, la seguì sempre fissandola a quel modo. E se mia madre – cosa rara – usciva, bisognava chiuderla nello stanzino del cesso, perché non voleva saperne di staccarsi da lei. E in quello stanzino urlava, si strappava i capelli, sbatteva la testa ai muri fino a che lei, mia madre, non tornava, la prendeva fra le braccia e l’accarezzava muta.

Per anni l’avevo sentita urlare così senza badarci, sino al giorno che, stanca di trascinare quel legno, buttata in terra, avvertii a sentirla gridare come una dolcezza in tutto il corpo. Dolcezza che in seguito si tramutò in brividi di piacere, tanto che piano piano, tutti i giorni cominciai a sperare che mia madre uscisse per potere ascoltare, l’orecchio alla porta dello stanzino, e godere di quegli urli.

Quando accadeva, chiudevo gli occhi e immaginavo che si lacerasse la carne, si ferisse. E fu così che seguendo le mie mani spinte dagli urli scoprii, toccandomi là dove esce la pipì, che si provava un godimento più grande che a mangiare il pane fresco, la frutta.

Goliarda Sapienza (qui sopra, nella foto), il cui nome, così strano, già riesce ad affascinare, era nata a Catania nel 1924 da una sindacalista lombarda e da un avvocato socialista. Attrice teatrale e cinematografica, una vita intensa e controcorrente, non ha temuto la ribellione né lo scandalo, ha conosciuto la malattia, il carcere, l’indigenza e l’isolamento. E’ morta a Roma nel 1996 due anni prima prima di vedere pubblicato questo suo romanzo: iniziato a scrivere nel 1967 e terminato dieci anni dopo, era stato, infatti, rifiutato da critici ed editori. Grazie all’interessamento dell’ultimo compagno di Goliarda, Angelo Pellegrino (autore di un’interessante prefazione), fu pubblicato la prima volta nel 1998 da “Stampa Alternativa”, una piccola casa editrice, passando sotto silenzio. In Francia e in Germania il libro ebbe, però, maggior fortuna ed oggi è tradotto in numerosi paesi del mondo.

Cesare Garboli ha scritto che “il tempo lavorerà a favore dei libri di Goliarda Sapienza. E questo non è un augurio: è una convinzione”

 CURIOSITA’:

Giovanna Providenti, autrice di una biografia di Goliarda Sapienza (La porta aperta-2009), ha definito la singolare e appassionata scrittrice “Funambola ai bordi del pozzo”. Pare che negli anni ’80, dopo alcuni furti subiti nel suo appartamento, Goliarda avesse lasciato appeso un biglietto destinato a eventuali ladri: “La porta è aperta, dentro non c’è nulla di valore, soltanto cose vecchie per me preziose. Entrate pure ma, per favore, non rovinate nulla”.

Fiamma Satta