Stalking

Giustizia: nel reato di stalking l’aggravante è solo per gli “ex”

di Antonio Ciccia

 

Italia Oggi, 2 marzo 2009

 

Il coniuge separato o divorziato è più tutelato del coniuge attuale. Scatta, infatti, un’aggravante in caso di stalking ai danni dell’ex, mentre la pena è quella base se la vittima della molestia è l’attuale moglie o marito.

Così prevede il decreto legge 11/2009 (in vigore dal 24 febbraio 2009), che pure rischia di non avere alcun effetto pratico. E questo perché condiziona la punizione del colpevole alla presentazione della querela della persona offesa. E l’esperienza insegna che la vittima molto spesso è in tale stato di paura e soggezione da non sporgere querela per timore di ritorsione. Insomma in materia di stalking i provvedimenti del cosiddetto decreto sicurezza rischiano di essere simbolici (per tacitare l’opinione pubblica scossa dalle notizie di cronaca nera) e quindi senza effetto pratico.

O addirittura con alcune sorprese (non si capisce perché l’incolumità fisica e psichica del coniuge debba valere meno di quella dell’ex). Sul piano astratto e pur con le riserve di effettività della normativa, il decreto legge in esame vuole alzare barriere contro chi, soprattutto in famiglia, costringe la vittima a una vita di inferno. Le barriere sono di duplice natura: amministrativa e penale. Anche se la fattispecie introdotta dal decreto legge nasconde insidie interpretative per la vaghezza della formulazione della disposizione.

Peraltro la norma stessa potrà essere utilizzata per chiedere risarcimenti dei danni esistenziali, apparentemente azzerati dalla Corte di cassazione, ma ancora oggi conseguibili se il fatto illecito assume rilevanza penale. La tutela delle vittime di stalking potrà esprimersi, quindi, anche sul piano civile come effetto derivato dal decreto in esame.

Peraltro il provvedimento interviene direttamente solo sulla legislazione penale e su quella amministrativa. Quanto alla prima si introduce il reato di atti persecutori (nuovo articolo 612 bis del codice penale); quanto alla seconda viene conferito all’autorità di pubblica sicurezza il potere di ammonire il molestatore o stalker e di allontanarlo dai luoghi frequentati dalla persona molestata.

La necessità di intervenire sul piano penale è conseguenza della inadeguatezza del codice penale a punire le molestie continuate di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, o anche solo conoscenti, colleghi, ma anche estranei. In assenza di una norma espressa (come quella portata dal decreto) era difficile inquadrare penalmente ripetute condotte di per se stesse non integranti reato, come telefonate, appostamenti, pedinamenti.

Contro questo mobbing relazionale si sono rilevati insufficienti i reati di violenza privata, minaccia, ingiuria, danneggiamento. L’assenza di una rete di tutela aveva, soprattutto nelle personalità deviate, l’effetto incentivante a reiterare le molestie. Per contrastare il fenomeno il decreto legge, dunque, introduce il nuovo reato di “atti persecutori”, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, consistente in condotte reiterate di minaccia o molestia in modo da “cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Il reato è “causale”: ossia non descrive esattamente una condotta, ma punisce tutti i comportamenti in grado di causare una determinata conseguenza; inoltre questa conseguenza dipende dalle caratteristiche soggettive o da scelte della vittima. Inoltre mentre è ben chiaro il concetto di “minaccia” i giudici dovranno approfondire quello di “molestia”, così da evitare lassismi o rigorismi nella punizione.

La norma vuole infatti punire chi rende la vita impossibile e costringe altri a non condurre le proprie occupazioni in serenità. Ci sono, comunque, due barriere di garanzia per l’incolpato: la prima è che le condotte devono essere più di una. La seconda è che il timore ingenerato nella vittima deve essere “fondato” e quindi non può essere rilevato in una percezione sproporzionata della vittima di atti magari emulativi e non molesti.

Nella consapevolezza che la sede in cui si colloca lo stalking è molto spesso la famiglia, il decreto prevede l’aumento di pena se la vittima è il coniuge separato o divorziato o l’ex partner. Si tratta di un notevole riconoscimento non solo della convivenza more uxorio, ma anche della semplice relazione sentimentale (anch’essa sarà oggetto di accertamento in sede giurisprudenziale). La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. Non si comprende perché la tutela rafforzata dall’aggravante non scatti per il coniuge attuale.

Mentre scatta una aggravante nel caso di stalking a minorenne, donna incinta o persona disabile. Facendo un passo indietro rispetto al disegno di legge (assorbito nel decreto) in il delitto è punito a querela della persona offesa (per cui sono accordati sei mesi di tempo, contro i tre ordinari), tranne che per stalking a danni di minore o disabile o connessione con reato procedibile di ufficio.

La tutela amministrativa si svolge mediante l’intervento del questore, che può ammonire il responsabile. Si tratta di un richiamo ufficiale a comportarsi bene, che peraltro neppure impedisce la richiesta di porto d’armi. L’unica conseguenza è che il soggetto ammonito sarà perseguibile d’ufficio per successivi atti di stalking.

Insomma non molto per la vittima, che anche per questo sarà disincentivata dal timore di ritorsione. Non si colloca sul piano penale, ma potrà avere una sua rilevanza l’attività di assistenza psicologica che dovrà essere fornita tramite un numero verde nazionale a favore delle vittime degli atti persecutori, attivo 24 ore su 24. Inoltre, viene introdotta la misura cautelare (in attesa di giudizio) del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi.

Il giudice potrà vietare all’imputato di comunicare con qualsiasi mezzo, non solo con la vittima ma anche con le persone a questa affettivamente vicine. Il giudice ha anche discrezionalità di decidere quale misura adottare se aggressore e aggredito hanno abitazioni vicine o stessi posti di lavoro. Per gli atti persecutori sarà possibile l’incidente probatorio, con particolari cautele se si tratta di ascoltare minorenni.

Con una integrazione al codice civile, infine (articolo 342-bis), si amplia la durata, in 12 mesi, del decreto del giudice con cui si ordina la cessazione della condotta criminosa, l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima.

Giustizia: Carfagna; contro stupri pene “speciali” e banca del dna

 

La Repubblica, 2 marzo 2009

 

Una banca del Dna e una punizione “speciale” per il branco: sono le misure che il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna vuole introdurre nel decreto anti-stupri varato dal governo il 20 febbraio, come annuncia in un’intervista al settimanale “Gente” in edicola oggi.

“Chiederò d’introdurre con un emendamento la banca dati del Dna, che richiede regolamenti attuativi che mal si sarebbero adattati allo strumento del provvedimento d’urgenza, e la punizione speciale per il branco: a rischiare l’ergastolo non sarà più solo chi commette lo stupro, ma anche il palo, per esempio”.

Nell’intervista, il ministro Carfagna annuncia anche un ulteriore giro di vite sulle pene per i responsabili di violenze sessuali: “In commissione Giustizia c’è un testo unico che contiene alcune mie proposte, tra cui aggravanti e ulteriore inasprimento della pena se lo stupratore ha usato armi o sostanze atte a modificare la lucidità della vittima, nel caso in cui il colpevole abbia fatto uso della propria autorità, o ancora quando la vittima è un minore, un soggetto instabile o una donna in stato di gravidanza”.

L’emergenza stupri, tuttavia, non riguarda solo la sicurezza, ma è anche un problema culturale, se è vero che l’80 per cento dei colpevoli è conosciuto dalla vittima. “È evidente”, osserva il ministro Carfagna, “che in Italia c’è ancora una cultura che nega pari diritti e pari dignità alle donne: io sto lavorando con il ministro dell’Istruzione Gelmini perché nelle scuole venga insegnato il rispetto dell’altro sesso e la cultura della non violenza e nei prossimi mesi usciremo con una campagna, su Tv e stampa, per far capire alle donne che quando si subisce qualcosa del genere bisogna denunciare immediatamente. Ancora: vogliamo potenziare il numero verde antiviolenza 1522, creando una sinergia col ministero dell’Interno collegandolo alle centrali operative delle forze dell’ordine”.

Giustizia: per i violentatori custodia cautelare e niente “benefici”

di Giovanni Negri e Marco Ludovico

 

Il Sole 24 Ore, 25 febbraio 2009

 

Da oggi chi è indagato per violenza sessuale dovrà essere incarcerato e, se condannato non potrà usufruire dei benefici alternativi alla detenzione. Debuttano poi, il reato di stalking e tempi più ampi per il trattenimento dei clandestini nei centri di identificazione. Ma per vedere le ronde bisognerà aspettare.

Il decreto legge approvato venerdì scorso in consiglio dei ministri è stato pubblicato ieri (n. 11 del 23 febbraio 2009) sulla G.U n. 45 del 24 febbraio e inizierà dalla Camera il suo camino in Parlamento. Molte le misure già operative, dall’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere, in caso di gravi indizi di colpevolezza, per un nutrito elenco di reati a matrice sessuale (ai cui condannati è escluso l’accesso ai permessi premio, all’assegnazione di lavori socialmente utili e delle misure alternative alla detenzione), al nuovo reato di “atti persecutori” (che anticipa parte del disegno di legge sullo stalking in discussione al Senato), con l’obiettivo di sanzionare episodi di minacce e di violenze reiterate prima che possano generare condotte più gravi come la violenza sessuale e l’omicidio.

La pena prevista è la reclusione da 4 mesi a 6 anni con aggravante se il fatto è commesso dall’ex partner o nei confronti di soggetti particolarmente vulnerabili. La procedibilità è di solito per querela ma in alcuni casi il Pm potrà agire d’ufficio. Introdotte poi, anche forme di sbarramento preventivo, come l’ammonimento o il divieto di avvicinamento.

Il decreto punta anche a rafforzare l’efficacia delle procedure d’espulsione: da oggi il trattenimento nei Centri di identificazione potrà essere prolungato sino a complessivi 180 giorni,con verifica dell’autorità giudiziaria, in tutti i casi in cui lo Stato di appartenenza del clandestino tarda nel fornire la documentazione o lo straniero rallenta la procedura di rimpatrio. Non è ancora in vigore la disciplina delle ronde.

Dovrà essere il ministero dell’Interno a definire i requisiti per l’iscrizione delle associazioni nell’elenco e il loro ambito operativo. I Comuni dovranno poi avvalersi in via prioritaria di associazioni costituite dal personale in congedo delle forse dell’ordine. Nel 2008 le violenze sono in diminuzione: sugli stupri, i dati del Viminale indicano un calo: -8,4% nel 2008.

Nel triennio 2006-2008 gli autori sono italiani nel 60,9% dei casi, seguiti da romeni (7,8%) e marocchini (6,3%). Milano, con 480 casi, supera Roma (317) e Bologna(139). Il Viminale poi ha precisato che occorre “tener conto del fatto che i cittadini stranieri responsabili di circa il 40% dei reati di violenza sessuale commessi in Italia nel 2008, rappresentano meno del 6% della popolazione residente”.