Mostra fotografica “RISALITE” contro la violenza sulle donne dal 19 al 27 novembre

L’Associazione Mariposa sostiene, organizza e promuove nell’ambito delle sue iniziative per il periodo che precede il 25 Novembre l’esposizione della mostra “Risalite”, che vede la violenza sulle donne raccontata da due uomini il fotografo Giuseppe Serrapica e il poeta Salvatore Carrella.

“Parole e foto raccontano un viaggio nel quotidiano di chi viene picchiata e vessata ma trova la forza dentro di sé per risalire la china” Sono cinque componimenti che accompagnano cinque immagini che arrivano dritte al cuore. Il comune denominatore è diverso dal solito: “Queste sono vittime sfuggite al femminicidio”, cioè ne sono uscite, da qui il sottotitolo, “Storie di viaggi non a senso unico”.

Si è scelto di esporre la mostra in un percorso itinerante nella Martesana.

Alla Ipercoop di Vignate fino al 30 ottobre.

Mostra a Vignate

Dopo Vignate tappa a Basiano in occasione terza camminata Rete Antiviolenza Viola

Municipio di Basiano esposizione mostra “Risalite” in occasione Terza camminata Rete Viola

Dopo Basiano esposizione al Teca, il teatro di Cassano.

Mostra “Risalite” esposta al Teatro TECA di Cassano d’Adda (Mi)

Infine nella Sala dei Gelsi a Trezzo (dal 19 al 27 novembre), Programma ed orari come da locandina.

PRESENTAZIONE.

LA MOSTRA
Risalite, storie di viaggi non a senso unico, è un’esposizione di cinque fotografie corredate di storie sul tema della violenza sulle donne. Questo lavoro nasce dalla collaborazione tra due amici: Giuseppe Serrapica (fotografo) e Salvatore Carrella (sensibilità spiccata che distilla in storie potenti, ancora inedite). Un’amicizia che affonda le radici nel tempo e che, nonostante le tante persone conosciute e tanti luoghi cambiati, ha
cementato un sentire comune su molti aspetti della vita, della quotidianità, della società e della spiritualità, che con questa esposizione trova un nuovo modo di incontrarsi: una comunione di immagini e parole.
Parole e immagini raccontano un viaggio nel quotidiano di chi subisce violenza ma trova la forza dentro di sé, ma anche l’aiuto di chi non volta lo sguardo dall’altra parte, di risalire la china e imparare a camminare
nuovamente verso il compimento del proprio percorso. Quello che in questa mostra viene proposto è un viaggio in cinque atti: l’insicurezza di chi non vuole affrontare la realtà e si racconta attraverso un linguaggio quasi bambinesco; il coraggio di chi, nonostante lo sfregio subito, si sente ancora donna capace e pronta ad esprimere la propria femminilità; l’annullamento non solo di se, ma anche di un popolo, che si cela dietro
gli stupri etnici, come quelli che si sono verificati negli anni delle guerre nei Balcani; la forza di chi non si rifugia nella soluzione più violenta, approfittando dell’attimo di debolezza del proprio carnefice, per non perdere definitivamente la padronanza sulla propria vita; il percorso di maturazione, interpretato come collettivo più che individuale, che consente alla coppia di uscire dal vortice della violenza, assieme. La violenza viene esplorata in questo modo in molteplici sfaccettature, dalla violenza quotidiana al più brutale stupro etnico, fino alla
riconciliazione con la forza del dialogo e della maturazione.
Una mostra fortemente voluta per mostrare come, anche in un percorso duro e difficoltoso come quello che molte donne si trovano ad affrontare, è possibile afferrare lo spiraglio per uscire dall’incubo.

LA VISIONE DEL FOTOGRAFO
La violenza sulla donna non è solo semplicemente un atto di forza che l’uomo infligge su un soggetto più debole, in questo caso la donna, contro la sua volontà. Ma ha radici molte più profonde che riguardano l’aspetto sociale delle nostre relazioni e si ripercuote così sulla vita stessa dell’uomo, i suoi rapporti con gli altri e tutto ciò che lo circonda. Purtroppo i governi e le istituzioni hanno una grossa responsabilità in
questo, proprio nel fare scelte politiche ed economiche che non tutelano e non sostengono il senso di comunità, ed il benessere fisico e psicologico dei cittadini. Pertanto, in una società in cui i rapporti umani sono sempre di più incentrati sull’individualismo, la sopraffazione, il prendersi gioco
delle fragilità altrui e la svalorizzazione dei sentimenti e delle emozioni, non può che condurre gli individui ad ammalarsi e di consueto reagendo da un lato con rabbia e violenza e dall’altro con un senso di colpa e
adattamento. Due facce della stessa medaglia. Ma a livello personale ognuno di noi, nella propria vita privata, può scegliere di liberarsi, uscire da questa morsa: prendendo consapevolezza e restituendo più attenzione
alle proprie relazioni (di coppia, familiari, amicali, professionali), di impegnarsi a coltivarle e migliorarle e a non cedere alla tentazione del cinismo e della violenza fisica e psicologica. Questo è il filo conduttore della breve storia fotografica dove l’attenzione è rivolta, in questo caso, alla donna come soggetto “assoggettato” prima di tutto dai condizionamenti sociali e non ai soli segni della violenza che sono un effetto sul suo corpo. Le immagini sono delineate dal volto ossimorico ed ognuna di per se esprime uno stato di coscienza fino ad
entrare nello stato finale dove non si è più limitati dal piccolo ego, dalla mente sociale, ma dove si trasforma tutto: la donna assoggettata, l’uomo, il carnefice, con qualcosa di più alto … la coscienza universale.
Giuseppe Serrapica