Lessico e strategie dei cosiddetti movimenti per la vita

Da Femminismo a Sud

Vi sarà capitato di incrociare nel web, ma non solo, i miliziani della supposta difesa della vita, cioè gli antiabortisti, i feti-cisti insomma. Fanatici mossi dal fervente desiderio di lottare contro il male, cioè le donne sia quelle che interrompono la loro gravidanza sia quelle che usano anticoncezionali diversi dall’astinenza. Nei loro discorsi è possibile individuare un lessico e una retorica precisi, praticamente uno schema. In questo piccolo dizionario, Luminal e io, cerchiamo di illustrarne alcune parti, perché pensiamo che anche voi siate stanch@ di dovervi confrontare con quelli che sembrano proprio dei dischi rotti, degli automi dialettici.

Movimenti per la vita hanno in pratica due soli argomenti per sostenere le loro tesi contrarie alla libera scelta:

1) L’obiezione di coscienza è prevista dalla legge;
2) Quello è un “bambino”.

Alcuni termini ricorrenti:

• Bambino/essere umano/figlio: come ognun@ di noi sa a ogni stadio della gestazione corrisponde un termine diverso per il prodotto del concepimento, un embrione è un embrione, ma loro lo chiamano sempre o “bambino” o “essere umano”, comunque “figlio”, manipolando il senso delle parole, giungendo a definire anche lo zigote, ma anche l’ovulo appena fecondato e non ancora annidato nell’utero: “essere umano/bambino” – parliamo di millimetri di materiale biologico che spesso viene espulso durante il ciclo mestruale senza essersi nemmeno accorte della “fecondazione”. Usano “bambino” facendo leva sul sentimento di tenerezza che questa parola può suscitare;[1]

• Donna: esiste solo in quanto “macchina gestante e sgravante”, in tutti gli altri casi la parola “donna” viene sostituita da: “assassina”, con una corolla di aggettivi che vanno da “superficiale” a “egoista” a ”mostro”;

• Uccidere una vita: non riguarda mai una donna, che per loro non è mai una persona, o un bambino già nato, ma sempre e solo un “feto”;

• Indifeso: è l’aggettivo associato più spesso al feto, serve per far leva sulla fragilità emotiva o culturale dell’interlocutrice e allo stesso tempo a sottolineare ancora una volta che l’aborto è una violenza, compiuta da una donna crudele-violenta su un essere fragile, appunto indifeso. Il fatto che la vita del feto dipenda dalla volontà della donna rende poi tale violenza più cruenta, perché la parola “indifeso” in tal caso serve ad aumentare la portata della violenza.
Spesso viene utilizzata l’espressione “olocausto degli innocenti”, associando le donne ai nazisti e i feti agli ebrei. Ovviamente sempre disumanizzando le donne e attribuendo tutta l’umanità all’ovocita/embrione/feto;

• libertà di pensiero/parola: in suo nome s’invoca la libertà del medico ad obiettare per ragioni di coscienza [2], mai di “fede”, ma la libertà della donna ad avere una prestazione medica si può calpestare. In un continuo rovesciamento dicono: “la libertà non può essere esclusiva o tutti o nessuno” escludendo dal discorso il fatto chei nessuno obbliga il medico a essere tale ma, per avere un’interruzione di gravidanza sicura, che è una prestazione sanitaria specifica, che è medicina di genere, una donna può rivolgersi solo al medico, per cui la sua libertà di scelta è condizionata da principio, essa è sempre in una posizione di fragilità e bisogno, poiché, nel momento in cui si decide per un aborto o l’interruzione la pratica un medico o questa donna andrà a chiederla a chi medico non è;[3]

• Dramma del post-aborto/dispiacere: un’altra mistificazione è quella del dolore psicologico del post-aborto. Non è ovviamente il dolore in se ad essere una mistificazione, ma l’uso di questo argomento volto a spostare il discorso sull’assistenza alla donna quando la tematica del feto non funziona. A questo discorso si collega anche la pseudo “Sindrome post-abortiva”, che non esiste. Nessuno specifica mai che l’eventuale “dolore” o “rimpianto” per un aborto, è collegato al fatto che quella gravidanza la si era cercata, voluta o almeno accettata quando è stata scoperta, e si è dovuto abortire inaspettatamente, per motivi o di salute o economico/sociali insuperabili o per costrizione.  Le maternità mancata a causa dell’ambiente non propizio, è un “dramma” generato dalle circostanze, di carattere il più delle volte transitorio – poiché le circostanze possono essere rovesciate, migliorate, si possono avere altre gravidanze, si può guarire da una malattia o migliorare la propria condizione economica. Questa visione “positiva” del dolore, visto come transitorio, non puntella più la retorica anti-abortista della “ferita insanabile che ogni aborto provoca nella donna”, del “trauma irreparabile”, ma mette sul piano quella complessità del reale, da loro aggirata in ogni modo, che vuole, per essere risolta, un massiccio impegno della politica nel sistema sociale, sanitario, lavorativo e culturale, oltre all’accettazione delle scelte altrui.
Ovviamente a nessuna di queste persone viene in mente che il dolore della maternità mancata può essere alleviato dal contesto, con il rispetto, l’attenzione verso la paziente, la comprensione della delicatezza del suo stato, con atteggiamenti non colpevolizzanti e la semplice comprensione dello stato di bisogno. Mentre le accuse di assassinio, lanciate con disprezzo, anche su donne che subiscono un vero e proprio lutto, negli aborti terapeutici in gravidanze avanzate, non aiutano certo a superare il momento difficile, ma lo rendono ancora più sgradevole e traumatico.
Mentre il “dolore dell’aborto” non riguarda quasi mai, o riguarda in misura minore, e secondo una scala soggettiva e quindi insindacabile, chi l’interruzione di gravidanza la sceglie perché non vuole proprio diventare madre in quel momento, o mai, per motivi propri e quindi non si rivolge a nessuna struttura che possa curare la pseudo sindrome post-abortiva. Queste donne che non si stracciano le vesti e non si ammazzano per aver abortito, ma sistemano nelle loro vite l’evento, vengono classificate come “superficiali”, “egoiste” e “mostri”.
Eppure stanno solo esercitato il loro diritto a pianificare la propria vita, a compiere scelte basate solo ed esclusivamente sulle proprie aspettative e desideri, esattamente come chi decide di farli i figli.

• Anticoncezionali: gli anticoncezionali d’emergenza vengono ritenuti, a torto, abortivi precoci, quando negli stessi foglietti illustrativi dei medicinali si specifica che si tratta di anticoncezionali, che impediscono cioè la gravidanza in extremis, ma gli anticoncezionali di più frequente uso diventano all’improvviso, nei loro discorsi, estremamente fallaci, completamente inaffidabili, fino addirittura a favorire le gravidanze piuttosto che evitarle, a causa del “senso di sicurezza che si trae dall’usarli” una vera torsione di senso per cui, più stai attento ad attraversare la strada più è facile che ti investano! Quindi per loro il discorso si riassume in:”Più rapporti sessuali si hanno e più promiscui sono, più è facile che la contraccezione fallisca e si ricorra all’aborto come controllo delle nascite tardivo”. Niente di più falso. Posso avere rapporti sessuali con cento uomini e non restare mai incinta perché usiamo correttamente gli anticoncezionali, ma se non li uso o li uso male con un uno solo con ogni probabilità rimarrò incinta.
L’obiettivo è chiaramente allora quello di fare disinformazione, non è l’anticoncezionale in se a essere fallace, a meno che non ci sia un difetto di produzione, ma di solito la percentuale di prodotti difettosi è esigua e nel caso del preservativo è facilmente individuabile, ciò che rende fallace l’anticoncezionale è la nostra stessa ignoranza, non saper usare un preservativo, non saper ingerire una pillola o non conoscerne le eventuali interazioni con altri medicinali, non sapere che un vomito o una diarrea ti fanno “scaricare” la pillola. La soluzione, per loro, però non si trova nella corretta informazione sugli anticoncezionali, ma nell’abbandono totale di ogni precauzione. Non devi usare gli anticoncezionali, perché questi “possono fallire”, ma se ho un rapporto sessuale non protetto non avrò la quasi certezza di restare incinta, e quindi eventualmente di dover interrompere la gravidanza? La soluzione finale sarebbe l’astinenza, astinenza per tutti, single e accoppiat@, coppie conviventi e no.
Quando chiedi della loro vita sessuale non rispondono, non importa, ognuno ha diritto alle proprie scelte, anche a quella di non fare assolutamente mai sesso in tutta la propria vita o farlo solo ed esclusivamente per concepire uno o due figli, vincolati dal matrimonio.
A loro probabilmente piace molto la televisione e vogliono guardarla “finché morte non li separi” con le mani in tasca. Ci sono, però, milioni di altre donne e uomini nel mondo alle quali e ai quali il sesso piace farlo, e desiderano farlo senza ammalarsi e senza generare un figlio ad ogni coito.
Per avvallare la loro campagna anche contro gli anticoncezionali arrivano ad affermare che questi ultimi non hanno cancellato il ricorso all’aborto nei paesi in cui vengono usati diffusamente, dicono, e non proteggono dalle malattie a trasmissione sessuale, segue lo snocciolamento di numeri che indicano il tasso di aborti eseguiti in vari paesi, dal Sud America al Nord Europa. Numeri che in realtà non dicono quasi niente, perché oltre alla necessità di incrociare più dati, per valutare un determinato fenomeno –  nel conto degli aborti vanno sempre inserite le immigrate temporanee, clandestine e no, che sono meno informate sui contraccettivi e sui presidi medici rispetto alle residenti, le differenze culturali, economiche, i sistemi sanitari, i numero di nati e di morti, le condizioni di lavoro delle donne, la politica di quel paese, se c’è stata una guerra, una crisi economica, un precedente calo di aborti e un successivo aumento. Soprattutto i numeri non ci dicono chi sono quelle donne e perché hanno interrotto la loro gravidanza, che età hanno, in che tipo di quartiere e famiglia vivono, che grado di istruzione hanno, che relazioni hanno, com’è la loro salute. L’unico dato che se ne ricava, l’unico dato certo, è che l’aborto è una necessità.

• Pena di morte: questo è uno dei temi più cari ai pro-life, dato che paragonano l’aborto alla pena di morte. Sei favorevole alla pena di morte? Molte persone risponderanno di no, per vari motivi: perché non si uccide un essere umano, perché ci sono gli errori giudiziari, ecc. In base alla risposta l’interlocutore o interlocutrice cercherà di portare il discorso sul piano “sicuro” della scienza o su quello filosofico del “diritto alla vita”. La verità è che la pena di morte si applica alle persone, mentre l’aborto no, perché il prodotto del concepimento è sicuramente umano, è sicuramente vivo e sicuramente cresce, ma queste sono le stesse caratteristiche che ha un tumore, e il tumore non ha diritto alla vita, perché non è una persona;

• Vivisezione: un’altra associazione di fronte la quale ci si ritrova è quella tra vivisezione eaborto, associazione campata completamente in aria. La vivisezione avviene su individui animali compiuti, individui animali senzienti, ingabbiati e drogati o vivisezionati a scopo “scientifico”. L’interruzione di gravidanza si può effettuare a causa di problemi di natura fisica o psicologica entro i 3 mesi di gestazione – embrione di circa 5 cm e 10 grammi di peso. Successivamente si può interrompere la gravidanza solo ed esclusivamente se c’è immediato pericolo di vita per la madre o se l’embrione o il feto sono affetti da gravi malattie incompatibili con la vita, malattie che prima dei tre mesi non possono essere diagnosticate. L’obiezione di coscienza riguardo la vivisezione, è praticata perché si interviene su individui esistenti e viventi autonomamente, provocando loro sofferenze fisiche e psicologiche, spesso allo scopo di ripetere test già effettuati o che verranno ripetuti sugli umani, e soprattutto alla vivisezione i cercano vie alternative che permettano il progresso della scienza senza crudeltà sugli animali. Mentre l’obiezione di coscienza di fronte ad una pratica come l’interruzione di gravidanza genera un conflitto, quello tra ostracismo del medico e diritto della donna a decidere della propria salute, che può essere risolto solo in due modi: o si abortisce o non si abortisce, non c’è alternativa, e se non si permette l’aborto si riduce la libertà di coscienza della donna, mentre quella del medico è sempre intatta, perché non è il medico a trovarsi nella necessità di ricorrere ad un intervento specialistico, e può sempre scegliere, qualora una pratica sia in contrasto con la propria coscienza, di fare un’altra specializzazione. Insomma quella dell’obiettore di coscienza è una prevaricazione che va contro i diritti umani, poiché ogni essere umano ha diritto deve potersi autodeterminare. Da ciò il fatto che un embrione, per quanto sia un embrione umano, non è un “essere umano” poiché non può autodeterminarsi, dato che le sue condizioni sono determinate dalle condizioni della donna, sia volontarie che involontarie. Paragonare l’obiezione di coscienza nella sperimentazione animale e l’obiezione di coscienza nell’interruzione di gravidanza è sciocco, poiché sono due cose diverse;

• Aborti selettivi: negli ultimi tempi con l’emergere del grave problema degli aborti selettivi anche in Europa e in Italia, sempre più il tema viene cavalcato per tornare a mettere in discussione la legge sull’aborto, poiché questa favorirebbe l’aborto selettivo.  La problematicità dell’aborto selettivo non è nell’aborto in se, poiché un’interruzione di gravidanza è determinata sempre da una necessità, ma la motivazione che è discriminatoria, queste persone, provenienti da culture in cui le femmine non hanno valore, decidono di abortire il feto di sesso femminile perché non ha valore.  E’ un problema di genere che ha come strumento l’aborto, ma se togli l’aborto, soprattutto se lo togli a tappeto a tutte le donne, non risolvi il problema di genere, poiché le femmine non abortite vengono soppresse dopo essere nate, oppure le si abbandona e quelle si lasciano morire, perché nessuno da valore alla loro vita in quanto femmine.

I modi che attuano per convincerti che di vita si tratta sono tra i più svariati:

• Proiezione di video, o link di video, che mostrano interruzioni di gravidanze avanzate, quindi non determinate dall’autoanalisi della donna o dalla volontà di “non essere madre” –  cioè quelle interruzioni che si danno entro i primi 90 giorni di gestazione.  L’interruzione di gravidanze avanzate avvengono quando le condizioni di salute della madre o dell’embrione/feto, non consentono di proseguire la gravidanza, quindi ci si rinuncia, spesso con tristezza e dolore, dato che erano figli voluti;

• Proiezione di video, o link di video, che mostrano pratiche estreme, come “l’aborto nascita parziale”, in cui il feto viene estratto parzialmente dal ventre e il cranio gli viene svuotato. Nessuno però specifica mai che:
1. in Italia questa pratica è illegale;
2. in quei paesi in cui si la si adopera, lo si fa in rarissimi casi, ed esclusivamente per aborti terapeutici in gravidanze avanzate, in cui la madre corre pericolo di vita.

• Proiezioni o foto solo ed esclusivamente di feti, dai quattro mesi in su, oppure con ingrandimenti eccezionali, facendo passare tre centimetri per trenta. Dato che un ovocita non suscita la stessa emozione;

• Proiezione di video interviste in cui, tramite il taglia e cuci delle risposte, si fa dire alla gente quello che si vuole.

Tra le tipiche reazioni davanti all’obiezione di campo logico, per esempio quando evidenzi loro il controsenso dell’obiezione di coscienza in una professione che nessuno ti impone, in cui l’interruzione di gravidanza è prevista come uno dei possibili interventi di fronte ai quali il medico puoi trovarsi, obiezione plausibile solo per i medici laureatisi prima del 1978, c’è ancora la:

• retorica emozionale, ossia ancora quella del “bambino”, nella quale il “bambino” (dall’ovulo fecondato ad un feto di nove mesi, per loro è lo stesso) è avulso dall’esistenza della donna, come se il fatto che esso si trovi nel corpo di una donna non sia che un particolare.
La donna scompare, sempre, non viene nominata e comunque non ha diritti, non ha una psicologia, non ha una salute generale nella quale si cala la condizione “speciale” della gravidanza, non ha relazioni con il mondo, quindi non c’è un contesto al quale lei fa riferimento, non ha nemmeno una famiglia.
Le donne in quanto persone,  per il MPV, per i ProLife, praticamente non esistono, esistono tutt’al più se è possibile attribuire loro la pseudo sindrome post-abortiva, cioè se possono farne vittime pentite dell’aborto e usarle per la loro retorica.

Uno degli argomenti oggetto di negazione forte è l’aborto clandestino, alcune persone giungono a negare che sia mai esistito, anche di fronte al racconto personale di chi ha perduto una persona di cara per questo motivo, perché comunque una donna morta di aborto clandestino non fa rumore e nemmeno un milione.

Se alla fine controbatti ai loro discorsi con argomenti logici, ad esempio che una blastocisti non è una bambina, come un uovo non è una gallina, anche se la blastocisti è ciò che potrebbe diventare una bambina, come l’uovo potrebbe diventare una gallina, il discorso fa il giro e torna su:

• legge 194/78: citata solo per sottolinearne la previsione dell’obiezione di coscienza.

Avete trovato anche voi questi argomenti?
La legge 194 in realtà è imperfetta e non risponde affatto alla richiesta di autodeterminazione delle donne, poiché prevede in se stessa gli strumenti per boicottare la libertà di scelta e quindi la nega. Solo che mettere mano alla 194 significa rischiare di avere una nuova legge ancora più restrittiva e di tornare ampiamente indietro. Quindi ciò che serve, almeno in questo momento sembra essere una regolamentazione dell’obiezione di coscienza, benché resti illogica la loro presenza in una professione che non viene imposta a nessuno.

[1]La religione nelle discussioni che tendono a voler essere “scientifiche” è un argomento poco usato (poiché si pensa che la biologia e la fisiologia siano basi solide sulle quali imbastire il discorso). Comunque non è usata direttamente, anche se tutte le loro posizioni possono essere ricondotte ad una visione religiosa, intrisa di misoginia, di matrice patriarcale, anche quelle di chi si professa non religioso, comunque le parole “anima” e “peccato” restano escluse, perché troppo connotate e ribaltabili con un semplice: tu sei credente, io no/dov’è la prova scientifica dell’anima?

[2] Amano usare il giuramento di Ippocrate come una bandiera a difesa della vita dell’ovocita, ma quel giuramento in difesa della vita delle donne non si applica mai. Perché non gli viene in mente? Sono  davvero così misogini? Sono in malafede e quindi lo sanno benissimo che una migliore accoglienza della paziente, limitando il suo trauma o rendendoglielo meno aspro, lascerebbe poco spazio alla loro retorica? Che questo renderebbe l’interruzione di gravidanza solo ciò che è: un intervento chirurgico o farmacologico al quale si ricorre per necessità, di qualsiasi tipo essa sia?

[3] Quando gli si ricorda che in gravidanza si rischia la vita e che anche di parto si muore loro rispondono che “anche di aborto si muore”.
E’ vero, anche l’aborto comporta un rischio per la salute, anche per questo dev’essere un medico a praticarlo, poiché esso è un intervento chirurgico o farmacologico e comporti dei rischi, ma non più rischi di quanti ne comporta la rimozione di un mioma o l’assunzione della nimesulide o dell’aspirina.