Le “Maddalene penitenti” – artisti vari

Maria Maddalena viene ricordata nei Vangeli come una tra le donne di Galilea che seguivano Gesù e i suoi discepoli, che fu presente alla sua crocifissione ed alla sepoltura e che si recò al sepolcro la mattina della Domenica di Pasqua, per ungere il suo corpo.  Sempre secondo i Vangeli, Maddalena è stata la prima a vedere Gesù risorto e ad annunciare la sua risurrezione agli apostoli.In queste vesti i pittori ce la tramandano: con un vaso di unguento fra le mani, ai piedi della croce, con la Madonna, davanti alla tomba scoperchiata che parla con un angelo, oppure con Cristo in “Noli me tangere”.

Alcuni Artisti la ritraggono come la “Penitente”, in ginocchio in preghiera con a fianco un teschio.

Anche se negli scritti dei Primi Cristiani, Maria Maddalena viene chiamata “l’apostolo agli apostoli”,per i cristiani moderni, è considerata semplicemente una prostituta, anche se in nessuna parte del Nuovo Testamento si dice che Maria Maddalena praticasse il mestiere.
Questo mito fu avviato nel VI secolo da Papa San Gregorio I, quando affermò che: Maria Maddalena, Maria di Betania (sorella di Marta e di Lazzaro) e la “peccatrice” di cui Luca racconta che lavò i piedi a Gesù, li asciugò con i capelli e li unse con gli unguenti, erano state la stessa donna.

Il nome di quella che viene identificata come “Maria Maddalena” o “Maria di Magdala” era in realtà “Miriam“, Miriam del villaggio di Magdala; Maria in ebraico significa “Signora” e in egiziano “amata da Dio”.

Nel vangelo si parla di una Maria Maddalena in questi termini “….e con lui andavano i dodici (apostoli), ed anche alcune donne, le quali erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena,
 da cui erano stati cacciati sette demoni, Giovanna… e molte altre donne, le quali somministravano ad essi i loro averi”. Secondo un’antica tradizione greca, Maria Maddalena, dopo la resurrezione di Cristo, sarebbe andata a vivere a Efeso, la stessa città dove avevano preso dimora anche Giovanni, l’apostolo prediletto e Maria, Madre di Gesù.

L’Ordine dei Predicatori annoverò Maria Maddalena nel numero dei suoi Patroni. Frati e Suore la onorarono in ogni tempo col titolo di “Apostola degli Apostoli”, come viene celebrata nella Liturgia Bizantina e paragonarono la missione della Maddalena di annunciare la resurrezione, col loro ufficio apostolico.
Ordinata Santa, Maria Maddalena, spesso dipinta come “penitente”, è nominata protettrice delle prostitute pentite, dei penitenti, dei parrucchieri, dei giardinieri, dei guantai e dei profumieri, oltre che santa Patrona dell’arcipelago della Maddalena (SS), di Senigallia, di Marsiglia e della Provenza.

Fra i manoscritti o i Vangeli Apocrifi si trova  “Il Vangelo di Maria,” scoperto a Nag Hammadi (Egitto) più di un secolo e mezzo fa. In tale Vangelo, Maria (Maddalena) riceve rivelazioni segrete da Gesù, con grande dispiacere di Pietro.

Nel 1954 ancora a Nag Hammadi furono ritrovati 52 rotoli, databili tra il 350 ed il 400 d.C. tra i quali spiccano il “Vangelo di Tommaso“, il “Vangelo di Filippo” e l’apocrifo di Giovanni il “libro segreto“.

Nel “Vangelo di Filippo” è messo in evidenza il rapporto speciale di Maria Maddalena con Gesù, “… ma Cristo l’amava più di tutti i discepoli e la baciava spesso” “…gli altri discepoli erano offesi da questo atteggiamento, esprimendo la loro disapprovazione”.  
In questa nuova prospettiva, scrittori moderni hanno ripreso in alcuni romanzi il personaggio della Maddalena come l’amante o la moglie di Gesù, dal quale avrebbe avuto addirittura dei figli.

Seguono alcune delle più famosi rappresentazioni artistiche della “Maddalena penitente”

George de La Tour

Certamente il quadro più bello di George de La Tour, la sua Maddalena penitente più che cospargersi di dolore ha una pensosa serenità. Ha compreso ormai tutto. La Bellezza e il tempo che scorre lo afferra con gli occhi al limitare del fuoco. Come se il logos lo vedesse danzare davanti a lei, senza bisogno di pronunciare o di dire. Immobile, forse un pò stanca a cosa starà pensando? Ce lo si chiede osservandola con quel teschio in mano. Come se dalla vita non volesse niente di più di quello che ha già avuto. Come se sapesse accontentarsi della luce fioca della ragione che inganna. Non si cura di ciò che il fuoco produce, ma ne osserva la radice, il principio come se fosse lì la causa e il diletto di tutti i suoi giorni.

 

Caravaggio – olio su tela 1594-1595

l biografo dei pittori del seicento romano, Bellori, a proposito del quadro scrive: “Dipinse una fanciulla a sedere sopra una seggiola, con le mani in seno in atto di asciugarsi li capelli, la ritrasse in una camera, ed aggiungendovi in terra un vasello di unguenti, con monili e gemme, la finse per Maddalena”[1]. La fanciulla era la ragazza di Caravaggio, Anna Bianchini, che gli fece da modella anche per la Madonna del “Riposo durante la fuga in Egitto” e forse anche in un altro quadro. L’utilizzo di uno specchio convesso per ritrarre la scena dall’alto dona all’immagine una prospettiva schiacciata, che riduce le gambe ed enfatizza l’ovale che racchiude il busto nella linea conclusa formata dalle braccia conserte e dal capo reclinato. Questo sottolinea l’interiorità del sentimento di Maddalena. Sul suo volto si vedono le lacrime (dettaglio molto amato dai pittori e appreso dai grandi Maestri fiamminghi del Quattrocento). A terra (sempre ritratti con fiamminga precisione) ci sono i gioielli spezzati che la ragazza si è strappata di dosso nella decisione di cambiare vita. Il vaso d’olio profumato mezzo vuoto ci dice che ella ha già incontrato Gesù, e in questo incontro è sorto nel suo cuore sia il pentimento per la vita condotta fino ad allora, sia il proponimento di servire d’ora in poi l’Amore vero. La Maddalena viene quindi identificata con la donna che in casa di Simone, durante una cena, unse i piedi di Gesù, li bagnò con le sue lacrime e li asciugo’ con i suoi capelli(Lc 7:36-50). Tale identificazione, pur messa oggi in discussione, era abitualmente accettata ai tempi di Caravaggio. Caravaggio ha una sensibilità spirituale acutissima (che gli procurerà la stima e la protezione di grandi religiosi, come i Colonna, che lo protessero a Napoli, o come il Gran Mastro dei Cavalieri di Malta che ottenne dal papa una speciale dispensa per averlo suo segretario e confratello). Tale sensibilità lo porta ad indagare nel sentimento vissuto e nell’esprimere attraverso la parte visibile del sentimento le più profonde e complesse esperienze esistenziali. I suoi quadri, al di là dell’apparenza intimistica e domestica, sono di amplissimo respiro. Questo quadro sarà ammirato da molti artisti contemporanei e posteriori, facendo da scuola per l’impostazione prospettica ed iconografica

 

 

Antonio Canova

La statua, eseguita fra 1794 e 1796, fu acquistata per 1.000 zecchini dal rappresentante a Roma della Repubblica Cisalpina Juliot che la portò a Parigi, e fu la prima opera di Canova a raggiungere la capitale francese. Esposta nel 1808 al Salon fu accolta con entusiasmo dal pubblico parigino mentre la critica avanzò qualche perplessità riguardo l’uso della patina di cera mista a zolfo stesa dall’artista sul marmo, specie nei capelli, quasi a imitarne il colore biondo. L’opera, che le fonti escludono sia stata frutto di commissione, si deve pertanto considerare una personale meditazione dell’artista su questo tema religioso. Di essa si conservano, oltre a una replica all’Ermitage, una serie di studi: due bozzetti in creta (a Venezia, Museo Correr; e a Bassano del Grappa, Museo Civico) e un modello in gesso (a Padova, Museo Civico). Venduta nel 1839 al marchese Aguado, alla sua morte, di poco successiva, fu acquistata per 59.000 franchi da Raffaele De Ferrari, duca di Galliera, e collocata nel suo palazzo a Parigi. Passò quindi alla città di Genova nel 1889 per legato della vedova, Maria Brignole-Sale de Ferrari, duchessa di Galliera.

 

 

Artemisia Gentileschi  –

“Maddalena penitente”, 1620-1625, Olio su tela, 146 x 109 cm, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

La rappresentazione pittorica della Maddalena penitente e quella della conversione della Maddalena coprono uno spettro iconografico molto vasto, potendo l’artista cercare in molti modi diversi il necessario equilibrio tra la sensualità della peccatrice e la sua ascesi spirituale nel pentimento. Tiziano, nella famosa tela conservata anch’essa a Palazzo Pitti, aveva dipinto una Maddalena decisamente sensuale, con un procace seno scoperto, solo in piccola parte celato dai lunghissimi capelli biondi, che reclamava la verità del suo pentimento con gli occhi pieni di lacrime rivolti al cielo.

In questa Maddalena di Artemisia Gentileschi, il contrasto tra sensualità e fede è risolto in modo assai meno provocatorio. Vero è che la santa ha l’aspetto di una donna avvenente, elegante come poteva essere una dama di alto rango, con un suntuoso abito di seta gialla; un abito dagli amplissimi panneggi, con una generosa scollatura che, con noncuranza, mostra appena la nudità di una spalla e la piega del seno. Non c’è nulla di specialmente provocatorio, tanto più che dalla veste lussuosa spunta un piede nudo, simbolo di un proposito di rinuncia; proposito che viene confermato dalla postura delle mani, l’una sul petto, come in atto di riconoscere i suoi peccati, e l’altra protesa a schivare qualcosa che a mala pena si intravede nell’ombra. Si tratta di uno specchio, simbolo per antonomasia della vanitas. Sulla sua cornice si leggono le parole del Vangelo secondo Luca “OPTIMAM PARTEM ELEGIT”, ha scelto la parte migliore, quella della ricerca del Signore. Il viso, incorniciato dai boccoli un po’ disordinati dei capelli, appare più mesto che affranto, e lo sguardo sembra ancora esitare prima di rivolgersi verso l’alto. La impaginazione del quadro, con la figura che esce dal buio dello sfondo di una stanza, è decisamente caravaggesca. Ma se Caravaggio, con la sua Maddalena conservata nella Galleria Doria Pamphilj, aveva messo in scena una prostituta, col viso abbassato, le mani in grembo, assisa su una sedia modesta ed i gioielli abbandonati sul nudo pavimento, il verismo di Artemisia non arriva qui a tanto. A conferire un’aria aristocratica alla figura contribuisce anche la poltrona finemente lavorata sulla quale la santa sta assisa. Proprio su un lato dello schienale la pittrice ha posto la sua firma, “ARTIMISIA LOMI”.

 

 

Donatello

1453 – 1455  opera in legno 188 cm  ubicata a Firenze Museo dell’Opera del Duomo

La Maria Maddalena è rappresentata negli anni della vecchiaia, quando pellegrinò incessantemente digiunando nelle foreste nel sud della Francia, come scritto sulla Leggenda Aurea. Già famosa per la sua bellezza, essa venne infine completamente avvolta dai suoi capelli sempre più lunghi. La sua storia era il migliore esempio di redenzione e ascesi ottenuta attraverso il rifiuto del mondo, la mortificazione della carne, il pentimento e la preghiera.

Donatello fece a meno di quasi tutti gli attributi iconografici tradizionali, quali il cranio, la croce, il vasetto di unguenti. L’esile figura è rappresentata in piedi, con una leggera rotazione della testa che permette una pluralità di punti di vista. Il volto è scavato, gli occhi sono infossati nelle orbite, la magrezza rivela i muscoli e tendini a fior di pelle. I lunghissimi capelli, ispidi e appiccicaticci, sono intrecciati intorno ai fianchi a mo’ di macabro indumento e rendono il corpo scheletrito una massa informe. Le mani sono quasi giunte, in segno di preghiera, ma non si toccano, come se ella fosse colta nell’atto di iniziare un’umile supplica.

La fisionomia della donna è deturpata e rinsecchita dai lunghi digiuni, dalle privazioni e autofustigazioni. I capelli attorno al volto e le incavature degli occhi disegnano ombre profonde, che evidenziano e incorniciano espressivamente il cranio e il collo rugoso. La bocca è dischiusa e lascia intravedere la chiostra dei denti; lo sguardo è fisso e attonito, in una angosciata immobilità.

Ancora oggi la visione della statua crea in alcuni visitatori un senso di straniamento e latente disagio, soprattutto fissandola negli occhi: vi si legge infatti tutta una serie di sentimenti profondi dell’animo umano (fatica, dolore, animo stanco), che non possono non muovere a compassione. Sembra di percepire nella Maddalena la vicinanza della morte e il degrado fisico portato fino alla soglia della decomposizione.

Capolavoro del naturalismo più vero, privo di idealizzazioni, la Maddalena segnò la crisi e il superamento espressionistico del classicismo di cui Donatello era stato il principale rappresentante in gioventù. La negazione della bellezza fisica privilegia vibranti valori drammatici e patetici, arrivando ad essere quasi “spettrale” (Rosenauer parlò di “mummia vivente”)

 

 

Rocco Normanno Olio su tela 100×125 anno 2005

L’opera di Rocco Normanno emerge dal nero del Medioevo e si illumina della luce del Rinascimento, dove la dimensione profondamente psicologica del suo quadro risalta all’occhio e al sentimento”. Ecco come Rocco Normanno, pur operando nel duemila, traghetta, come un novello Caronte, la pittura del ‘500 e ‘600 ai nostri giorni, con la volontà di entrare nell’intimità del soggetto..

Normanno conosce bene la pittura antica e segue attentamente quella contemporanea. La sua arte è caratterizzata da una grande dimensione narrativa e teatrale e i suoi quadri sono il palcoscenico di scene vive e di emozioni intense. La sua è una “pittura-azione” in cui l’artista sprigiona la propria creatività, la tecnica e l’energia. Le opere di questo realista sono intriganti, a volte dure come scelte di campo, ma sono sempre personalissime e mantengono integre le componenti della storia dell’arte italiana, dell’immaginazione e della favola. Rocco Normanno,  non corregge nemmeno i difetti dei suoi modelli, anzi li esalta, perché essi sono legati alla vulnerabilità dell’esistenza umana; per lui ogni dettaglio dell’opera ha un suo significato ben preciso e riesce a mostrare il massimo delle cose col minimo dei mezzi, aiutandoci ad entrare nel soggetto dipinto con le sue e nostre emozioni.

 

 

Tiziano Vecellio (ca. 1488-1576)

Maddalena scapigliata o penitente; dipinto conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze

È questo un quadro che ben si presta a comprendere la differenza che c’è tra la concezione estetica veneziana e quella fiorentina. Confrontiamo questa tela con la nascita di Venere di Botticelli. Quest’ultima si presenta come un’immagine quasi diafana, dove il tratto del disegno risulta molto evidente, segno che quest’ultimo ha un evidente primato sul colore. Nel quadro di Tiziano l’immagine è tutta costruita con il colore e la luce. La Maddalena ne riceve una fisicità del tutto sconosciuta al dipinto di Botticelli. In questo si coglie anche un preciso indizio tra la bellezza fiorentina, molto intellettuale e ideale, e quella veneziana, che si presenta invece con una sensualità molto più evidente, proponendosi come “godimento” per gli occhi e non per l’intelletto.

 

Maddalena Penitente © Galleria d'Arte Moderna

Francesco Hayez 1825
La giovane peccatrice è rappresentata nel momento della conversione: regge tra le mani un crocifisso e tiene accanto a sé, sul lenzuolo, un teschio.

La scena rappresenta un memento mori: la caducità della bellezza e del peccato si contrappongono al valore eterno dello spirito. La drammaticità della scena rappresentata è rafforzata dal duro paesaggio sullo sfondo con un albero sul ciglio di un dirupo e le montagne brulle in secondo piano. Della vita passata della Maddalena restano la presenza sensuale del nudo e la morbidezza delle chiome sciolte che ne avvolgono il corpo.