Le forme della molestia “telefonica”

Le forme della molestia “telefonica” (art. 660 c.p.)
E’ imputabile dei reati di p. e p. dagli artt. 594, 612 e 660 c.p., la prevenuta che arrechi molestia o disturbo per futili motivi ad altra persona, chiamandola ripetutamente al telefono, rimanendo anonima, per rivolgerle minacce ed ingiurie sia verbalmente che attraverso l’inoltro di messaggi SMS. Con la norma di cui all’art. 660 c.p. il legislatore ha inteso tutelare la previsione di un fatto che arrechi molestia alla quiete privata, tutelando in tal modo, la tranquillità pubblica. Pur essendo una disposizione volta alla tutela dell’interesse privato, rileva, in tale ambito, anche l’ordine pubblico ricevendo, l’interesse del singolo, una protezione soltanto riflessa. Ne deriva che il reato de qua è perseguibile ex officio e nell’ipotesi in cui il fatto costituisce contemporaneamente anche un altro reato punibile a querela, come nel caso di specie, la remissione o la mancanza di querela non fa venir meno la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p. Essa, invece, rimane assorbita dall’altro delitto, nell’ipotesi in cui si sia in presenza di querela.
Corte d’Appello di L’Aquila, Sentenza 3 gennaio 2012, n. 4117

La condotta incriminata dall’articolo 660 del codice penale può essere estesa analogicamente al caso in cui le molestie provengano da posta elettronica con l’utilizzo del sistema MSN. Tale sistema, infatti, è in tutto assimilabile a quello di messaggistica istantanea SMS poiché anche rispetto ai messaggi inviati via MSN il destinatario è costretto sia de auditu, sia de visu a percepirli prima di poterne individuare il mittente. I messaggi inviati con MSN, se a contenuto ingiurioso o offensivo, sono perciò idonei a ledere sia la quiete che la tranquillità psichica del destinatario.
Corte d’Appello Napoli, Sezione 3 penale, Sentenza 14 dicembre 2011, n. 5122

La fattispecie criminosa prevista dall’art. 660 c.p. punisce la condotta dell’agente che per petulanza, ovvero per altro biasimevole motivo, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero con il mezzo del telefono, reca a taluno molestia o disturbo, e, dunque, la condotta oggettivamente idonea a molestare e disturbare terze persone, interferendo nell’altrui vita privata e nell’altrui vita di relazione. La molestia, rilevate nei termini di cui innanzi, consiste, in particolare, in un’azione che altera fastidiosamente o inopportunamente la condizione psichica di una persona, mentre con il concetto di disturbo si intende ciò che altera le normali condizioni in cui si svolge l’occupazione del soggetto. Ai fini della configurabilità della menzionata ipotesi contravvenzionale, in ogni caso, sia la molestia che il disturbo devono essere valutati in riferimento alla normale e media psicologia delle persone in relazione al modo comune di vivere delle stesse, salvo che siano oggettivamente tali. Nel contesto innanzi esposto si inserisce anche la condotta del soggetto, accompagnata da petulanza o altro biasimevole motivo, che inoltri messaggi di testo tramite telefono cellulare (cd. sms) di contenuto ingiurioso in numero rilevante, da valutarsi alla luce degli elementi menzionati. In tal senso, pertanto, nella fattispecie concreta, contestato alla prevenuta l’invio di circa 40 messaggi al giorno all’ex marito per un periodo temporale di alcuni mesi, deve essere valutato non solo il numero di messaggi, seppure assai rilevante per una persona adulta (a differenza di quanto avviene tra i giovani) ma anche il loro contenuto offensivo, denigratorio, accusatoria e minatorio, seppure in senso lato ed atecnico. Quanto all’elemento soggettivo, non possono assumere alcun rilievo le pulsioni o le ragioni determinati l’agente all’azione, in quanto il reato sussiste anche se si arreca molestia o disturbo alle persone allo scopo di esercitare un proprio diritto o preteso diritto, allorché ciò si faccia con modalità arroganti, impertinenti o vessatorie. Nel caso concreto, in particolare, non incidono sulla esistenza del contestato reato i sentimenti dell’imputata, peraltro assolutamente normali e comprensibili in occasione della fine di una lunga relazione sentimentale, né le ragioni che l’hanno spinta a scrivere centinaia di sms all’ex marito.
Tribunale di Trento, penale, Sentenza 19 ottobre 2011, n. 863

Il reato di cui all’articolo 660 de codice penale è integrato da qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare o comunque arrecare disturbo a terze persone e richiede, sotto il profilo soggettivo, la volontà della condotta e la direzione della volontà verso il fine specifico di interferire inopportunamente dell’altrui sfera di libertà. Perché una condotta possa assumere rilievo ai fini di tale fattispecie, oltre ad essere molesta o arrecare disturbo a terzi, con il mezzo del telefono, ovvero in luogo pubblico o aperto al pubblico, deve essere accompagnata da petulanza o altro biasimevole motivo. La consistente e reiterata ripetizione di ben 12 telefonate concentrate nell’arco del pomeriggio dello stesso giorno, integra i requisiti del reato in oggetto ed in particolare della petulanza, la quale consiste in un’insistenza eccessiva, e perciò fastidiosa, di invadenza nell’altrui sfera personale.
Corte d’Appello di Palermo, Sezione 1 penale, Sentenza 15 ottobre 2011, n. 3018

Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’articolo 660 del Cp, al termine «telefono» (che costituisce la tassativa modalità di trasmissione della molestia, rilevante per la sussistenza del reato, alternativa a quella, di carattere topografico, del luogo pubblico o aperto al pubblico in cui si svolge la condotta costitutiva del reato), deve essere equiparato qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare, di voci e di suoni imposti al destinatario, senza possibilità per lui di sottrarsi all’immediata interazione con il mittente. Ne deriva, che può integrare il reato la trasmissione di posta elettronica su un telefono attrezzato che, con modalità sincrona, consenta di segnalare l’arrivo di mail con un avvertimento acustico. Diversamente, non sussiste il reato nel caso di invio di mail realizzato tramite computer, giacché, in tal caso, la posta elettronica inviata può essere letta dal destinatario, per nulla avvertito dell’arrivo, solo se e in quanto questi decida di aprirla, realizzandosi una situazione del tutto simile alla ricezione della posta per lettera, cui il destinatario accede per sua volontà (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio, con la formula «perché il fatto non è previsto come reato», la sentenza che, invece, aveva ravvisato la contravvenzione nella condotta sostanziatasi nell’invio di messaggi molesti tramite internet sul computer del destinatario).
Corte di Cassazione, Sezione 1 penale, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 36779

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