“Il coraggio delle donne” di Anna Banti

anna_banti-ilcoraggiodelledonneI racconti di questo libro, fanno parte di due raccolte Il coraggio delle donne e Le donne muoiono pubblicati rispettivamente nel 1940 e nel 1951.
Ciò che sicuramente colpisce il lettore è la profondità dei ritratti femminili che dalle pagine emergono con stupefacente attualità, la splendida scrittura e la qualità dello stile.
Sono donne che in ambienti sociali e in secoli differenti sono state oggetto di ogni genere di costrizione per negar loro l’individualità, sottrarre la loro intelligenza, spegnerne la volontà e i desideri, ottenere cioè la loro totale sottomissione alle esigenze degli uomini-padroni. Donne la cui memoria nei secoli è stata oscurata, ma sempre pronte a riemergere, con le loro intelligenze, volontà e passioni. Un magma ininterrotto di energie, indirizzato all’affermazione di sé, che sotterraneamente percorre l’intera umanità, un flusso coraggiosamente spinto alla continua rigenerazione, da svelare e togliere dal silenzio. Nei cinque racconti Anna Banti esegue in maniera eccellente questa operazione.
In Lavinia fuggita, l’amore per la musica e il desiderio di crearla, spinge Lavinia, maestra del coro del collegio per orfane della Pietà a Venezia, ad aggirare il divieto per le donne di comporre musica e ad inserire nelle partiture del maestro Don Antonio Vivaldi, da lei doviziosamente trascritte, le sue composizioni.
Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, Il coraggio delle donne, Amina dopo anni a sopportare un marito acrimonioso e una vita domestica carica di doveri e di rinunce, trova il coraggio per esprimere la sua rabbia, ma anche il buon senso per evitare una tragedia.
Se non è coraggio quello di Ofelia che subisce una vita misera e faticosa in un matrimonio pensato come unico mezzo per ottenere delle garanzie materiali, e sottrarsi in tal modo alla tutela del fratello a cui la madre ha destinato, come maschio, l’intera eredità dei suoi beni, che altro è?
E lo stesso vale per Teresa che a trent’anni gode di un breve periodo di serenità nel soggiornare presso le cugine di Genova, lontana dai luoghi dove la prepotenza delle disgrazie e il clima di casa decaduta hanno estinto tutte le sue illusioni che per far rinascere bisognava pagare troppo e di persona.
E poi in Le donne muoiono quasi un manifesto politico sulle ingiustizie che le donne hanno subito nei secoli, sulla cancellazione della memoria di metà dell’umanità ad opera di una storia ‘neutra’ , invece ad uso esclusivo del genere maschile. Il racconto bellissimo per la fantasia visionaria e per la sorprendente intuizione, è ambientato in un futuro lontano, l’anno 2617, e narra di una grande rivoluzione prodottasi nella vita degli uomini con la scoperta della possibilità di rinascita, grazie alla ricomparsa di ricordi di vite precedenti in ciascuno di loro. La tanta anelata immortalità era stata conquistata e nuove e felici ere si aprivano all’esplorazione dello Spazio e dell’Universo, dopo quella del Tempo la ‘grande scoperta’ escludeva le donne, non essendo nessuna di loro riuscita ad evocare vite passate: era il segno di un’esclusione fondamentale destinata a far risorgere antichi e scavalcati rancori della condizione femminile. Però, una mattina dell’estate del 2710, la musicista e compositrice Agnese Grasti si ritrova a suonare le note di un antichissimo adagio, meravigliandosi di riconoscerle senza averle mai studiate o ascoltate. Di colpo la sua mente è invasa da tante ombre che reclamano spazio nei suoi ricordi e la memoria di millenni finalmente fluisce.
L’introduzione di Grazia Livi a corredo dei racconti è illuminante della personalità di Anna Banti e della sua opera.

Anna Banti
Anna Banti

La scrittrice: Anna Banti
Nasce a Firenze nel 1895 da una famiglia di buona borghesia di origine calabrese. Si laurea in Lettere alla Sapienza a Roma. Nel 1924 sposa Roberto Longhi, già suo professore di Liceo. Assieme collaborano alla nascita della rivista “Paragone”. Esordisce come critica d’arte, ma presto passa al genere narrativo, unendo alla sua raffinatissima scrittura complesse situazioni psicologiche e privilegiando soprattutto l’analisi sociale della condizione femminile.
Alla raccolta di racconti Il coraggio delle donne (1940), fa seguito il primo romanzo, Sette lune. Nel 1947 esce il romanzo Artemisia, vivido ritratto della pittrice Artemisia Gentileschi, poco dopo esce l’altro capolavoro di Anna Banti, il racconto Lavinia fuggita, comparso nella raccolta Le donne muoiono, vincitrice del Premio Viareggio nel 1952. Non ebbe, invece, il successo che meritava il romanzo Noi credevamo (pubblicato da Mondadori nel 1967), da cui ha tratto il suo film Mario Martone. In questo testo l’autrice rivive le aspirazioni e i ricordi del nonno, fervente mazziniano per anni prigioniero nelle carceri borboniche dove avevano languito patrioti come Poerio e Pisacane, il quale si era illuso che l’unificazione avrebbe finalmente mutato anche le sorti della sua terra natale, la Calabria, nonché di tutto il Sud. Numerosi anche i saggi di critica d’arte, un ambito sempre coltivato da Anna Banti. Profondamente interessata anche alla letteratura straniera, la Banti tradusse opere di importanti autori europei e americani, tra i quali Jane Austen, Jack London, Willian Thackeray, Virginia Woolf, André Chastel, Colette. Anna Banti – era uno pseudonimo, il suo nome vero era Lucia Lopresti – muore nel 1985, dopo aver dato alle stampe il suo ultimo romanzo Un grido lacerante, estrema e autobiografica riflessione sulla sofferenza della condizione umana.