“Come il vento” il Film di Marco Simon Puccioni che racconta la storia di Armida Miserere

"come-il-vento"  Valeria  Golino interpreta Armida Miserere
“come-il-vento” Valeria Golino interpreta Armida Miserere

Non è un paese per donne, l’Italia. O almeno, non è un paese in cui le donne possano esprimere se stesse in un mondo e in un lavoro considerati “da maschi”, senza pagarne a caro prezzo le conseguenze. È stato così per Armida Miserere, la cui triste (e vera) storia è al centro di Come il vento, il nuovo film di Marco Simon Puccioni. Armida Miserere (interpretata da una grande Valeria Golino) è stata una delle prime donne a dirigere un carcere in Italia, negli anni della Legge Gozzini, che affermava la prevalenza della funzione rieducativa della pena. Un’idea in cui Armida credeva, così come il suo compagno, l’educatore Umberto Mormile (Filippo Timi), che con passione cercava il recupero dei detenuti anche attraverso la cultura e il teatro. Il loro è stata un amore fatto di passione ma anche di una comunione di intenti e una condivisione di ideali.

Come il vento

Qualcosa che viene spezzato una mattina del 1990, quando Umberto saluta Armida ed esce di casa. Dice che prenderà il cibo per il cane e, guardandola da fuori di una finestra, le manda un bacio. Sembra una mattina qualunque, ma sarà l’ultima in cui Armida vedrà Umberto, assassinato per non essersi fatto corrompere dalla ‘Ndrangheta. È in quel momento che la vita, già non facile, di Armida, comincia a spezzarsi. E per questo Puccioni ci ripropone ossessivamente il momento di quel saluto, per farci capire come la svolta nella tragica vita di Armida sia arrivata in quel momento, come quella presenza che si è trasformata di colpo in assenza l’abbia accompagnata durante tutta la vita.

Come il vento vive sul contrasto tra il lavoro e la vita privata di Armida. Un lavoro che tende ad indurire, e che Armida fa con passione, senso del dovere, grandi capacità, ottenendo tutto il rispetto possibile dai propri colleghi, tutti uomini. Ma che non cambia mai l’Armida donna, che ha i bisogni e i desideri di ogni altra donna: l’amore, i figli, il calore umano. Ma, in quel mondo di uomini e criminali, in quella guerra permanente che diventa la vita di chi fa questo lavoro, non è facile. L’impossibilità di essere donna e madre fino in fondo, le troppe sofferenze, la mancanza di un vero amore, com’era stato Umberto, e l’impossibilità di fare veramente luce sul suo assassinio: tutte queste cose sono state un peso troppo grande per Armida.

Marco Simon Puccioni firma un film solido e diretto, che vive sul volto di Valeria Golino, inquadrata spesso in primo piano, quasi volesse scrutare quel mistero, quel fuoco soffocato che vive dentro Armida. Come nel suo precedente Riparo, Puccioni ci parla ancora di identità: lì le protagoniste erano due donne omosessuali, qui una donna costretta a fare spesso l’uomo, ma alla ricerca disperata di uno spazio in cui essere donna. Uno spazio che troppo spesso le è stato negato.

Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net

Armida Miserere
Armida Miserere

La storia vera di Armida Miserere

Armida Miserere è stata una delle prime donne direttrici di carcere: una donna dura e discussa che incuteva timore ma anche rispetto e che godeva dell’ amicizia di magistrati come Giancarlo Caselli e Alfonso Sabella. Laureata in criminologia, figlia di un militare, abituata a dare valore alla disciplina, Armida ha iniziato la sua carriera a 28 anni nel carcere di Parma. Durante il difficile periodo della mafia, del terrorismo e della P2, Armida Miserere ha ricoperto per 20 anni l’ incarico di direttore in vari carceri di massima sicurezza in Italia: il supercarcere di Opera, quelli di Voghera (carcere di detenzione delle terroriste “irriducibili”), Pianosa (carcere di detenzione dei boss mafiosi a regime 41 bis), l’ Ucciardone a Palermo, e poi i carceri di Torino, Ascoli Piceno, Spoleto, Lodi, San Vittore a Milano e infine Sulmona.

Per la sua concezione intransigente del carcere, Armida Miserere si era fatta una fama da donna dura. Proprio i boss mafiosi del 416 bis dell’ Ucciardone di Palermo, gli stessi che hanno stappato in cella bottiglie di champagne per festeggiare le stragi di Falcone e Borsellino, hanno soprannominato Armida Miserere “fimmina bestia”. Secondo la concezione di Armida Miserere, il ruolo del carcere doveva essere quello di recuperare il detenuto per reinserirlo nella società, ma il carcere doveva comunque essere tale: un carcere, non un “grand hotel”. Negli anni, Armida Miserere ha comunque sostenuto percorsi di rieducazione in carcere, come alcune edizioni di “IngressoLibero” in collaborazione con l’Associazione Sulmonacinema, e corsi scolastici da effettuare in carcere anche per i detenuti di alta sicurezza.

 

Ma il 19 aprile 2003 Armida Miserere si è uccisa con un colpo di pistola alla testa nella sua abitazione annessa al carcere di Sulmona. Accanto a lei c’era solo il suo cane e sul letto c’era la foto del suocompagno Umberto Mormile: educatore del carcere di Opera, assassinato nel 1990 a Milano. Armida ha lasciato anche una lettera in cui ha accusato gli assassini del compagno. L’ omicidio di Umberto Mormile ha segnato profondamente Armida, che per molti anni non ha avuto giustizia, pur avendo fin dall’ inizio comunicato agli inquirenti i suoi sospetti, poi rivelatisi veritieri. I responsabili della morte di Umberto Mormile sono stati individuati solo nel 2011, ben 11 anni dopo l’ omicidio, grazie ad un maxiprocesso contro la ndrangheta e la camorra a Milano. Il rinvio a giudizio alla Prima Corte d’ Assise era stato fissato per il maggio 2003, ma Armida si era già uccisa.

Una splendida Valeria Golino che racconta come ha vissuto la sua interpretazione segue l’intervista

http://youtu.be/MPHOkl_EiSY

Segue il trailer

http://youtu.be/_l-IPOjUIAc