“Bordertown” film di Gregory Nava per parlare delle donne di Juarez (Messico)

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Bordertown
Mentre da una parte si parla di innalzare una specie di grande muraglia che tenga lontani dagli Stati Uniti le folle di disperati che dal Messico scelgono la via dell’emigrazione clandestina nella speranza di condizioni di vita migliori, d’altro canto i trattati commerciali hanno permesso la creazione di fiorenti industrie che basano i loro profitti su una manodopera economica e non sindacalizzata. Le “maquilladoras” sono fabbriche a ciclo continuo in territorio messicano che impiegano prevalentemente operai di sesso femminile perché più adattabili a condizioni di lavoro difficili e meno organizzate. Nella città di Juarez però molte di queste donne sono in pericolo di vita se è vero (come riporta il film all’inizio) che anche tre donne a settimane vengono ritrovate morte nella piccola località di frontiera. Lo sfondo di questi delitti è prevalentemente sessuale.

Una giornalista del Chicago Sentinel, Lauren Adrian (Jennifer Lopez) viene inviata contro la sua volontà ad indagare su questa serie di omicidi, e si imbatte in una ragazza che è sopravvissuta miracolosamente alle orribili violenze cui è stata sottoposta e che soprattutto è in grado di riconoscere i suoi aggressori. Inizia così una lotta senza quartiere con dei nemici che nascondono il proprio volto dietro il potere economico e la collusione con forze politiche in Messico e negli Stati Uniti.

Bordertown, scritto e diretto da Gregory Nava, si muove su un doppio binario. Da un lato cerca di portare di fronte all’opinione pubblica un problema autentico e scottante, quello dello sfruttamento e della violenza sulle donne, generalizzata al confine del Messico. Per questo il film ha anche avuto importanti riconoscimenti da Amnesty International. D’altro canto Bordertown è anche un thriller, con tutto l’arsenale di sotterfugi e colpi di scena propri del genere. In questo caso si cerca di dimostrare come i delitti di cui si parla facciano parte di una cospirazione su scala internazionale, fino a mettere sotto accusa senatori degli Stati Uniti e persino il Nafta, il trattato del libero commercio tra Usa e Messico. Questi diventano quasi i mandanti ideali di queste morti, anche se non è evidente il legame tra crimini sessuali e sfruttamento economico. Così le parti politiche sono trattate in maniera piuttosto disinvolta e più di un passaggio logico viene saltato in favore di un ipotetico buon fluire della trama. La sceneggiatura però nonostante le intenzioni in tal senso non scorre affatto, e anche la giornalista coraggiosa interpretata dalla Lopez non riesce ad essere credibile fino in fondo (nonostante l’improvviso emergere di un trauma infantile). In definitiva è bene che vengano realizzati film legati alla realtà, purché non adottino tecniche da thriller di serie “B”. I risultati così rischiano di essere controproducenti.
Recensione di Mauro Corso fonte http://filmup.leonardo.it/bordertown.htm

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Maya Zapata e Jennifer Lopez

 

 

 

 

 

A nostro avviso quello del regista messicano è un buon lavoro, soprattutto perché racconta la storia delle donne di Juarez per farla conoscere all’opinione pubblica.

La storia c’è, anche l’ambientazione, ma forse gli interpreti lasciano un po’ a desiderare, avvicinando il  film a tratti ai più banali telenovelas. Peccato che Jennifer Lopez in questa interpretazione non sia riuscita a scrollarsi di dosso l’aria da star che, in un contesto come quello messicano, risulta abbastanza fuori luogo.

Comunque da vedere.

http://youtu.be/Pceqxv72enQ